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La storia della lingua italiana

Aggiornamento: 18 ago 2023


Buona sera lettori! Oggi ho deciso di parlare della nascita e dello sviluppo dell'italiano e della grandissima importanza che ha avuto anche per l'unificazione della Penisola stessa.


Da dove nasce l'italiano?

Innanzitutto è necessario dire che l'italiano proviene dal latino, lingua parlata nell'antica Roma. Bisogna specificare che vi è una forte differenza tra italiano scritto e parlato, infatti il primo si è conservato nel tempo e verrà utilizzato ancora per lungo tempo in tutti quegli ambiti considerati più "importanti" (es. in ambito legislativo, nelle materie come medicina, filosofia, matematica) mentre quello parlato risentiva delle parlate locali ed è conosciuto anche come latino volgare. Con il crollo dell'Impero Romano d'Occidente e la conseguente entrata all'interno dei territori romani delle popolazioni barbariche il latino cominciò a mutare portando alla nascita delle lingue romanze di cui fanno parte: italiano, francese, provenzale, spagnolo, portoghese, catalano, romeno e il ladino.


Primi documenti in lingua romanza

Possiamo considerare il primo documento scritto in lingua romanza i Giuramenti di Strasburgo, datati all' 842. Si tratta di un giuramento stipulato tra due fratelli Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo a danno del loro fratello, Lotario I. Per quanto riguarda l'Italia, il primo documento risale al 960 i cosiddetti Placiti Campani. Questi erano una raccolta di sentenze giuridiche scritte tra 960-963 e il primo ad essere scritto è il Placito di Capua a cui seguiranno i Placiti di Sessa Aurunca e il Placito di Teano. La particolarità di queste sentenze è che coesistono due registri diversi, infatti, la verbalizzazione fu fatta in latino, le testimonianze invece furono scritte in volgare in tutti e quattro i documenti.


Il Duecento e la poesia

Possiamo dire che in Italia la prima produzione letteraria medievale in lingua volgare riguarda proprio la poesia. Questa si sviluppa innanzitutto nella corte di Federico II di Svevia, nella cosiddetta Scuola Siciliana. Prima di ciò si erano sviluppate già due letterature, la francese in lingua d'oil e il provenzale in lingua d'oc. Quest'ultima si incentrava principalmente sulla tematica dell'amore, un amore intellettualizzato ed espresso in modo raffinato. In Italia viene ripreso questo elemento, in particolare in Sicilia scegliendo proprio come lingua il volgare siciliano. Ad oggi non abbiamo delle testimonianze originali per due motivi: il primo perché i copisti toscani laddove il testo strideva troppo alle loro orecchie veniva "toscanizzato", il secondo motivo si ricollega ad un contesto politico. Dopo la morte di Federico, prese il potere Manfredi, figlio illegittimo di quest'ultimo che morirà scontrandosi contro gli Angioini. Il suo successore sarà Corradino ma anch'egli perirà contro gli stessi nemici. Preso il potere, gli Angioini distrussero i manoscritti dei poeti siciliani e l'unica apparente testimonianza fu ritrovata nel '500 da Barbieri , il cosiddetto "Libro Siciliano" tentò di trascrivere il contenuto in ""L'arte del rimare" mai terminato. Ad oggi purtroppo anche il libro siciliano è scomparso, anche se le testimonianze all'interno si presentavano in una forma diversa rispetto a quella nota.


Il '500 e la "Questione della lingua"

In questo secolo, il volgare raggiunse una grande maturità, ottenendo il riconoscimento che non gli fu dato durante l'Umanesimo, periodo in cui ci fu una forte rivalutazione della cultura classica e di conseguenza del latino stesso. Nonostante ciò il latino mantenne sempre una certa rilevanza soprattutto negli ambiti della pubblica amministrazione e della giustizia. In questo secolo, grande importanza ebbe Pietro Bembo, autore delle Prose della volgar lingua pubblicate nel 1525 ed è uno dei protagonisti della tanto discussa Questione della lingua. Nell'opera, di carattere umanista, l'autore propone di realizzare una lingua unitaria prendendo come esempio il Toscano letterario del Trecento e in particolare autori come Petrarca e Bocaccio. Veniva menzionato anche Dante, ma tra i tre fu il meno apprezzato perché non apprezzava il fatto che il sommo poeta avesse utilizzato uno stile troppo basso e realistico nella Divina Commedia. Riguardo a Dante credo ci sia bisogno di fare un discorso a parte, magari la prossima volta. Un altro fattore di integrazione linguistica fu sicuramente la stampa. Nata nel 1455 con la pubblicazione della Bibbia di Gutenberg, fu un elemento che diede la prova schiacciante dell'esigenza di un'unificazione linguistica della Penisola e questo sicuramente fu influenzato molto anche dalle teorie esposte da Bembo. Questo è il secolo in cui nacquero anche le Accademie. Tra le più famose ci sono l'Accademia degli Infiammati e quella della Crusca. Quest'ultima in particolare realizzò anche un vocabolario di cui la prima edizione risale al 1612. Questo vocabolario esaltava molto il toscano del '300 e i poeti delle tre corone e ben presto arrivarono delle critiche tra cui quella di Beni, Tassoni e Bartoli che avevano come filo conduttore l'idea di una dittatura fiorentina e la critica alla prosa del '300.


L'Ottocento e l'Unificazione dell'Italia


Nel marzo del 1861 vi è l'unificazione dell'Italia. L'unità politica non combaciava però con quella culturale poiché all'epoca la scarsa alfabetizzazione del popolo limitava l'utilizzo di una lingua comune dando ampio margine ai vari dialetti. Una figura che ha contribuito alla formazione dell'italiano come lo conosciamo oggi è sicuramente Manzoni con i Promessi Sposi. Questa non fu solo un'opera, all'interno troviamo una vera e propria teoria linguistica evidente soprattutto nell'ultima edizione, risalente al 1840-42. In questa edizione, l'opera fu purificata da latinismi e dialettismi attraverso l'utilizzo del fiorentino dell'uso colto, senza l'eccesso di termini dialettali.


Spero che questo articolo vi sia piaciuto, a presto. ♥️

 
 
 

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